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La fotografia planetaria: preparazione e attrezzatura

Sfruttando grandi lunghezze focali e centinaia di immagini potrai immortalare il fascino dei pianeti in foto astronomiche straordinarie.

La Luna appare agli astrofotografi molto diversa rispetto a un pianeta: il Sole e la Luna infatti occupano sulla volta celeste un diametro di circa 0,5°, mentre i pianeti sono notevolmente più piccoli. Giove, il pianeta più grande del nostro Sistema Solare, ha una dimensione compresa tra 30" e 45". U. Dittler La Luna appare agli astrofotografi molto diversa rispetto a un pianeta: il Sole e la Luna infatti occupano sulla volta celeste un diametro di circa 0,5°, mentre i pianeti sono notevolmente più piccoli. Giove, il pianeta più grande del nostro Sistema Solare, ha una dimensione compresa tra 30" e 45". U. Dittler

I pianeti del nostro Sistema Solare sono affascinati e fotogenici allo stesso tempo: quelli interni, Mercurio e Venere, mostrano alternanze di fasi, Marte offre calotte polari e tempeste di sabbia, i giganti gassosi Giove e Saturno hanno bande nuvolose mutevoli, mentre i pianeti esterni Urano e Nettuno rappresentano una vera sfida fotografica ai margini del Sistema Solare.

Telescopi compatti con grandi lunghezze focali, come lo Schmidt-Cassegrain qui rappresentato, sono eccezionali per la fotografia planetaria. La montatura alla tedesca motorizzata garantisce un inseguimento preciso dell’unità ottica e quindi anche sequenze di esposizioni più lunghe con una camera CCD collegata. U. Dittler Telescopi compatti con grandi lunghezze focali, come lo Schmidt-Cassegrain qui rappresentato, sono eccezionali per la fotografia planetaria. La montatura alla tedesca motorizzata garantisce un inseguimento preciso dell’unità ottica e quindi anche sequenze di esposizioni più lunghe con una camera CCD collegata. U. Dittler

Una caratteristica comune alla fotografia di tutti gli oggetti del nostro Sistema Solare è che da alcuni anni non prevale più la produzione di immagini singole, ma la registrazione di molte centinaia o migliaia di immagini con una camera CCD, e la successiva elaborazione digitale di quelle più nitide per ottenere una somma finale che permette di ottenere risultati straordinari. In questo modo, non solo è possibile eliminare le turbolenze atmosferiche, ma anche ridurre il rumore della camera. Grazie a questa tecnica di registrazione e all'elaborazione digitale delle immagini, oggi è possibile realizzare fotografie planetarie amatoriali che fino a 20 anni fa non sarebbero state possibili nemmeno per gli astronomi professionisti.

Una varietà di pianeti

Ogni pianeta può essere – a seconda della dimensione e dell'orbita (interna o esterna rispetto a quella della Terra) – più o meno facile da fotografare, e ognuno ha il proprio fascino:

Giove offre un bel colpo d’occhio anche con un telescopio di piccole dimensioni, che permette di immortalare senza problemi la danza delle sue quattro lune galileiane Io, Europa, Ganimede e Callisto, e le ombre che proiettano sulla superficie del gigante gassoso.

Saturno con la sua luna Titano è un oggetto altrettanto interessante per chi muove i primi passi nell’astrofotografia. Rendere visibile la Divisione di Cassini, appena 1" di larghezza, è di solito la prima sfida. Non meno emozionante è fotografare il pianeta anno dopo anno e vedere come varia l’angolo di inclinazione degli anelli.

Marte, che in base alla sua posizione sull’orbita ha una dimensione compresa tra 4" e 25", permette di documentare fotograficamente lo scorrere delle stagioni. Sul Pianeta Rosso, lo scioglimento delle calotte polari dà regolarmente avvio a un periodo caratterizzato da tempeste di polvere.

Poiché Venere e Mercurio hanno orbite interne rispetto a quella terrestre, osservarli è più difficile per via della ridotta distanza angolare dal Sole. Mentre Venere può mostrarsi al mattino o alla sera fino a 47° di distanza dalla nostra stella, Mercurio visto dalla Terra non di discosta mai più di 27,5° dal Sole. Questa vicinanza dei due pianeti alla nostra stella e la loro posizione prossima alla foschia dell’orizzonte rendono la fotografia notevolmente più difficile, limitando i momenti in cui sono visibili e fotografabili a poche ore prima o dopo il sorgere del Sole

Infine, Urano e Nettuno sono difficili da catturare. Questi pianeti infatti appaiono relativamente piccoli (dalla Terra, Urano ha una dimensione massima di 4", Nettuno appena 2,5"), poco luminosi e quindi poco appariscenti. Trovare questi pianeti esterni è quindi piuttosto difficile: è utile usare mappe accurate o un controllo GoTo. Riuscire a fotografare Urano e Nettuno con le loro lune, però, è una vera sfida.

L'attrezzatura per l'astrofotografia

I telescopi con grandi lunghezze focali e grandi aperture (per esempio Newton o Schmidt-Cassegrain) sono ideali per fotografare i pianeti, perché permettono tempi di esposizione brevi e, tra l’altro, una maggiore risoluzione, rendendo così visibile un maggior numero di dettagli. In linea di massima vanno bene sia i rifrattori che i riflettori. Spesso si usano i telescopi Schmidt-Cassegrain per la fotografia planetaria, perché offrono non solo una grande apertura e lunghezza focale, ma anche una struttura compatta e maneggevole.

La ripresa di diverse centinaia di immagini con una camera CCD permette, tramite elaborazione digitale, di creare una immagine somma notevolmente più dettagliata rispetto a quelle singole. A destra vediamo una immagine singola, catturata con un rifrattore (130 mm di apertura e 1000 mm di lunghezza focale); a sinistra una immagine somma, ottenuta sommando 250 immagini estratte da una sequenza di 1000. U. Dittler La ripresa di diverse centinaia di immagini con una camera CCD permette, tramite elaborazione digitale, di creare una immagine somma notevolmente più dettagliata rispetto a quelle singole. A destra vediamo una immagine singola, catturata con un rifrattore (130 mm di apertura e 1000 mm di lunghezza focale); a sinistra una immagine somma, ottenuta sommando 250 immagini estratte da una sequenza di 1000. U. Dittler
Immagine di Giove, catturata sulle Alpi francesi; sono chiaramente visibili le bande nuvolose.
Mario Weigand Immagine di Giove, catturata sulle Alpi francesi; sono chiaramente visibili le bande nuvolose. Mario Weigand

Con lunghezze focali da 2.000 a 10.000 millimetri, comuni nella fotografia planetaria, è essenziale usare una montatura potente con una meccanica di alta qualità, poiché la montatura stessa non deve causare vibrazioni durante l'inseguimento. Allo stesso tempo, la montatura deve garantire che l'immagine del pianeta rimanga posizionata in modo affidabile sul sensore durante l'intera sequenza di esposizione. A differenza degli oggetti deep-sky, la fotografia planetaria permette tempi di esposizione ancora piuttosto brevi, da frazioni di secondo a pochi secondi, grazie alla luminosità relativamente elevata degli oggetti; le esigenze per quanto riguarda la precisione dell’inseguimento non sono quindi così elevate come nella fotografia deep-sky.

Marte, che mostra chiaramente le nuvole nella zona del grande vulcano a scudo Elysium Mons. Si nota bene anche la calotta polare settentrionale, molto ridotta. Mario Weigand Marte, che mostra chiaramente le nuvole nella zona del grande vulcano a scudo Elysium Mons. Si nota bene anche la calotta polare settentrionale, molto ridotta. Mario Weigand

In fotografia planetaria si usano veloci camere CCD non raffreddate, per poter ottenere, durante l’elaborazione digitale, un'immagine somma ottimizzata a partire dalle migliori delle centinaia o migliaia di immagini registrate. Pertanto, è fondamentale che la camera possa produrre una sequenza veloce (almeno dieci immagini al secondo, alcune camere arrivano anche a 30 immagini al secondo), in modo da ottenere anche 2500 immagini dopo circa 1,5 minuti. Poiché le immagini dei pianeti sono di solito piuttosto piccole anche quando si utilizzano grandi lunghezze focali, la dimensione del sensore della fotocamera non è di solito il fattore limitante. Quando si sceglie una camera CCD per la fotografia planetaria, tuttavia, è bene considerare anche se in seguito verrà usata per catturare dettagli del Sole o della Luna: in tal caso la dimensione del sensore diventa decisiva. Le moderne e veloci camere CCD sono dotate di una porta USB3. Per sfruttarla è necessario avere a disposizione un notebook con un'interfaccia adeguata e spazio sufficiente su disco, poiché 3000 immagini registrate da una camera CCD con un sensore grande arrivano facilmente a 7-8 gigabyte di dati. E di solito le sequenze di immagini sono più di una.

Autore: Ullrich Dittler / Su gentile concessione di: Oculum-Verlag GmbH