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Siamo tutti Astro-testimoni (da balcone): Omegon Maksutov 127/1900mm (1° parte)

Ciao a tutti,

Altra settimana ed altra puntata della rubrica di Maurizio R., questa volta il protagonista assoluto di questo interessante articolo (diviso in due parti) è il nuovo Omegon Maksutov 127 della serie “Advanced”.

Mettetevi comodi e buona lettura!

OMEGON MAKSUTOV 127/1900mm F15 (1° parte)

OMEGON 127/1900 f15

OMEGON 127/1900 f15

Premessa

Al giorno d’oggi, tantissimi astrofili di tutto il mondo conoscono questo tipo di telescopio (spesso chiamato solamente con il diminuitivo di “MAK”) ma in pochi sanno come nacque questo stupefacente strumento per l’alta risoluzione. La cosa ancora più bella è che molti di questi astrofili, pur non conoscendone le origini, sono così entusiasti del loro “Mak” che non lo cambierebbero neanche se gli offrissero in cambio un costoso e blasonato rifrattore apocromatico da 4 e 5 pollici! Ed alla fine dei conti, chi sono io per dargli torto?! 🙂

Il simpatico Dmitry…

Sono passati ben 75 anni dall’invenzione del telescopio Maksutov ma vi racconterò in breve come il simpatico Dmitry giunse alla creazione di un qualcosa di completamente innovativo e di facile costruzione, che cambiò e continua a cambiare “radicalmente” ancora oggi la strumentazione di tantissimi appassionati di Astronomia.

Dmitry Dmitrievich Maksutov (foto: Wikipedia)

Dmitry Dmitrievich Maksutov (foto: Wikipedia)

Tutto incominciò agli inizi del 1900 (Dmitry nacque l’11 aprile del 1896) quando il suo interesse per l’astronomia si sviluppa grazie ad un regalo di suo nonno: un piccolo rifrattore/cannocchiale Dollon in ottone, un vero “Vintage” anche per quei tempi! Come tutti gli astrofili neofiti anche lui desiderava un telescopio più potente ma gli strumenti commerciali che desiderava, provenienti dalla Germania, avevano tutti dei costi proibitivi. Pertanto il giovane 15enne Dmitry decise di fabbricarsene uno e si mise a lavoro su un Newton con specchio da 7 pollici (circa 18cm di diametro)  con il quale, una volta ultimato, osservava abitualmente.

Quello fu il trampolino di lancio che lo portò a far parte del “GOI” che si potrebbe tradurre dall’acronimo Russo in Italiano come “Istituto di stato dell’ottica di San Pietroburgo” (che in quel periodo era Leningrado). Da li alla creazione del telescopio che porta il suo cognome  sono successe  tante cose, così tante da sembrare un romanzo giallo, una spy story con tanto di sabotaggi, spie ed intrighi. La stessa invenzione del telescopio Maksutov sembra un romanzo nel romanzo. Era il 1941, ed i Nazisti invasero San Pietroburgo costringendo gli scienziati Russi compresi i dipendenti del GOI a spostarsi tutti ad EST in treno, lontano dai pericoli. Fu un lungo viaggio , giorni e giorni  percorsi lungo la linea ferroviaria transiberiana, una specie di ORIENT EXPRESS. Fu proprio durante questo viaggio in treno che Dmitry contemplò e progettò il suo telescopio, il Maksutov!

Nel 1944 per la sua invenzione gli furono conferite numerose onorificenze internazionali anche oltreoceano e gli fu attribuito il titolo di “PROFESSORE” senza alcuna laurea, questo grazie proprio alla creazione del suo nuovissimo tipo di sistema ottico: il Maksutov! Creò anche molti altri strumenti ottici per la chirurgia e la medicina, ed è considerato tutt’oggi “uno dei padri della scuola Russa di ottiche Astronomiche”.  Questa è solo un’estrema sintesi della ricca biografia di questo genio d’altri tempi,  giusto per dare un idea al lettore di chi fosse il simpatico Dmitry.

LA PRIMA LUCE e PRIME IMPRESSIONI

La prima sera appena arrivato a casa non ho saputo resistere, l’ho montato e voluto provare subito. La serata non era delle migliori, iniziava a soffiare un forte vento proveniente da sud/ovest, nuvole nere minacciose circondavano a distanza la mia zona di osservazione (il balcone di casa – ndr).  A Sud invece c’era un bello squarcio di cielo limpido dove faceva mostra di se una splendida ed invitante Luna al crepuscolo. La punto immediatamente con il cercatore Red-Dot che viene fornito con il telescopio e che avevo allineato alla meno peggio su un lampione, inserisco il 12mm Planetary FLATFIELD ED OMEGON e l’esclamazione è stata “CASPITA!!!” Faccio un attimo mente locale e penso: “ma non è ancora acclimatato”. Resto allora li a fissarlo sulla sua montatura OMEGON EQ-300 e lascio passare circa 30 minuti. Nel frattempo il cielo si scurisce sempre di più nella zona aperta dalle nuvole e si cominciano a vedere le prime stelle. Ne punto una a caso e inserisco il Planetary ED Flatfield da 8mm con 237,5x constatando che lo strumento è ben collimato. Non attendo oltre, dovrò al più presto riporlo in casa in quanto il cielo peggiora sempre di più. Ripunto la Luna lasciando l’oculare da 8mm ed effettivamente qualcosa è cambiato, si vede ancora meglio. Un suolo lunare apocromatico mi si presenta di fronte con tutta la sua magnificenza, e nonostante il seeing (= grado di turbolenza atmosferica, fondamentale per le osservazioni ad alto ingrandimento) sia chiaramente al di sotto dei 2” secondi d’arco ho la netta impressione che lo strumento non risenta molto di questo fattore.

L’immagine è piuttosto ferma e non si vede il classico ribollire dell’aria sul suolo lunare nonostante il notevole ingrandimento utilizzato. Eppure quella sera potevo tranquillamente valutare in una scala da 1 a 10 (dove 1 equivale ad eccezionale con aria fermissima e trasparenza dell’aria ottima e 10 alla peggiore situazione possibile , alta turbolenza, escursione termica in quota, presenza di vento e foschia) un seeing di grado 9. Fortunatamente non era 10, il peggiore in assoluto,  perchè il vento di quella serata in compenso aveva reso l’atmosfera incredibilmente trasparente e tersa.

Il contrasto dei terrazzamenti dei crateri maggiori è tale da rendere la visione gradevole ed interessante. Punto Plato, una delle formazioni ideali per i vari test in alta risoluzione. E’ un cratere circolare che si schiaccia sulla catena delle Alpi lunari, l’origine del nome proviene da Platone, grande filosofo greco del 5° secolo a.C., ha un diametro di 104km e cime che arrivano a circa 2000 metri. La caratteristica principale che lo contraddistingue subito è il fondo relativamente piatto ma nelle serate migliori (se il seeing lo permette) e con telescopi di ottima qualità e 100mm di diametro minimo è possibile al suo interno scorgere dei piccoli crateri a basso contrasto. Niente da fare, questa volta il seeing non lo permetteva ma conto di riprovarci più avanti nel test. Nonostante tutto, molto soddisfatto ripongo lo strumento e tutto contento decido di studiarlo più a fondo al mattino del giorno seguente per riordinare un poco le idee. Questo è stato il primo incontro con questo MAK della Omegon.

La volta successiva ho voluto spremerlo ulteriormente provando a forzare le prestazioni in Hi-Res dello strumento. Puntando un Giove oramai bassissimo all’orizzonte in questo periodo, l’umidità cristallina a quella latitudine creava una sorta di aberrazione cromatica atmosferica alla quale pero’ ho tentato di non far caso. L’immagine migliore era ottenuta con il Planetary FlatField ED da 12mm a 158x ingrandimenti ma utilizzando anche il modello ED da 8mm, in rari momenti ho avuto l’impressione che, per mezzo dei 237,5x ingrandimenti raggiunti, le due bande equatoriali si aprissero.

Tornando su Plato ed utilizzando il solito Planetary Flatfield ED da 8mm (237,5x) sono riuscito agevolmente a vedere al suo interno almeno 4 crateri. Quella sera ho fatto anche una prova di massimo ingrandimento raggiungibile sul suolo lunare, partendo dall’8mm (237,5x)  immagine restituita ottima con perfetta messa a fuoco e grande quantità di dettagli fini. Utilizzando altri oculari di tipo LV ho provato varie focali inferiori: un 7mm (271,5x) e non ha fatto una piega, immagine ancora molto luminosa e perfetta senza nessun problema di messa a fuoco. Metto il 6mm (316,5x) ed incredibilmente è ancora tutto perfetto. L’unico suo limite rimane il potere risolutivo che si appresta sui 0,94” secondi d’arco che sulla Luna corrispondono a dettagli di circa 1,8km. Decido di inserire il 5mm (380x) raggiungendo quasi 3 volte il diametro obbiettivo in ingrandimenti. Per mio stupore non ho difficoltà di messa a fuoco anche questa volta, anzi sembra uguale a quando utilizzavo il 6mm. L’unica differenza è che a questo ingrandimento, la luminosità del suolo lunare è drasticamente calata rendendola molto più buia, ma l’immagine è ancora perfettamente fruibile. Inserisco infine il 4mm e raggiungo il vertiginoso ingrandimento di 475x ingrandimenti! L’immagine si fa molto scura e la messa a fuoco comincia ad essere difficoltosa anche se ancora possibile. Nell’immagine si incomincia a vedere una leggerissima rugosità anche se non è ancora così fastidiosa da rendere l’immagine inutilizzabile, inoltre intravedo anche i difetti della mia cornea che fortunatamente conosco bene e so discernere dalla visione reale del suolo Lunare.

Il MAK 127/1900 OMEGON utilizzato con l'apposito supporto su oculari per Smarthphone e Iphone durante una ripresa lunare

Il MAK 127/1900 OMEGON utilizzato con l’apposito supporto su oculari per Smarthphone e Iphone durante una ripresa lunare

Che dire, molto bene, una prestazione eccellente per un MAK di produzione Cinese ma che non ha niente da invidiare ad un rifrattore APO di pari diametro se non per dettagli a mio parere ininfluenti. Grazie alla sua lunga focale, per raggiungere il suo limite, questo strumento non ha assolutamente bisogno di elementi ottici aggiuntivi tipo lenti di Barlow. Anche se l’oculare da 5mm ha restituito ben 380x ingrandimenti ottimamente messi a fuoco, ritengo che il miglior risultato con massimo ingrandimento fruibile sia stato ottenuto con l’utilizzo dell’oculare da 6mm (316,5x). Questo tipo di Test dei massimi ingrandimenti raggiungibili ed utilizzabili con i telescopi lo faccio esclusivamente per divertimento ma, personalmente, lo ritengo anche un buon parametro di valutazione della lavorazione di un’ottica. In questo caso non faccio fatica ad ammettere che è una favola.

Ma come è fatta all’interno questa ottica Maksutov?

Per i meno esperti, il Maksutov è un telescopio ibrido (il termine tecnico è catadiottrico) formato da uno specchio di tipo “Sferico” e una lente correttrice posta anteriormente denominata “Menisco” che serve a correggere la sfericità dello specchio del telescopio. All’interno della lente frontale viene fatta un alluminatura che riflette la luce raccolta dallo specchio del telescopio verso l’oculare. Questa alluminatura fu utilizzata per la prima volta negli anni 50 dall’Americano John Gregory, e fu utilizzato per molte fabbricazioni successive dato che il sistema ridusse ulteriormente i costi di lavorazione. Quindi la giusta denominazione per questo MAK è “Maksutov/Gregory”. Questi tipi di telescopi per le loro caratteristiche di costruzione hanno sempre rapporti focali spinti tra F12 e F15 e sono considerati un’ ottima alternativa ai rifrattori per l’osservazione visuale in alta risoluzione. Altra cosa che viene subito notata in questi tipi di telescopi è la loro compattezza nonostante la lunghezza focale dichiarata. Per esempio, la focale del Mak 127 OMEGON è di 1900mm che corrispondono esattamente ad 1 metro e 90cm. Questa lunghezza focale se utilizzata per la costruzione di rifrattore a lenti, porterebbe ad avere una lunghezza del tubo di circa 1 metro e 85cm, senza contare il paraluce anteriore e la lunghezza del tubo interno del focheggiatore che verrà estratto per la messa a fuoco corretta. Mentre questo MAK ha una lunghezza complessiva di soli 33,5cm, più altri 6cm giusto per l’adattatore posteriore con filettatura di tipo Schmidt-Cassegrain per avvitarci un visual back sul quale verrà innestato il diagonale etc. Una ulteriore filettatura (tipo Meade Etx) e’ presente alla fine del visual back per collegare altri accessori.

La parte posteriore del MAK 127/1900 OMEGON in bella mostra la manopola in metallo da ruotare per la messa a fuoco

La parte posteriore del MAK 127/1900 OMEGON in bella mostra la manopola in metallo da ruotare per la messa a fuoco

Le prime impressioni solitamente ingannano ma…

Dato che i fattori in gioco sono molteplici e di non semplice interpretazione ed esclusione, le prime impressioni che si ottengono testando un qualsiasi strumento ottico solitamente ingannano. E’ con l’utilizzo nel tempo che si hanno le vere e proprie conferme di come si comporta uno strumento astronomico. In questo caso specifico, nonostante un meteo tiranno, l’utilizzo prolungato che ho avuto modo di fare mi ha permesso di avere le idee ben chiare su questo strumento di cui sono rimasto molto soddisfatto, tanto che potrei tranquillamente consigliarne l’acquisto come primo telescopio anche ad un giovane appassionato alle prime esperienze.

“Fatti un bel MAK 127/1900mm F15 della Omegon.. che inizi alla grande!”. 🙂

[CONTINUA…]

1 commento


  1. Simona E. ha detto:

    Maurizio R. è troppo bravo, scrive articoli originali e magnetici, con informazioni, storia e consigli utili sulle varie tipi di telescopi. Ecco la più bella frase di Galileo Galilei: ”Ho amato le stelle troppo profondamente per avere paura della notte.”